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Thomas Hobbes (1588-1679) è uno dei filosofi più influenti del periodo moderno, noto principalmente per la sua teoria politica e la sua visione materialista della natura umana. Le sue opere più celebri, "Leviatano" (1651) e "De Cive" (1642), trattano ampiamente della natura dell'uomo, della politica e della società. La filosofia di Hobbes ha avuto un impatto duraturo sul pensiero politico, ed è ancora oggetto di studio e discussione oggi.

Hobbes è noto per la sua visione pessimistica della natura umana e per la sua teoria del contratto sociale, che giustifica l'autorità assoluta dello Stato come mezzo per evitare il caos e la violenza che deriverebbero dal vivere senza una legge comune. La sua filosofia è materialista e determinista, e concepisce l'essere umano come un insieme di corpi in movimento, privi di libertà morale.

1. La natura umana: egoismo e desiderio di potere

Per Hobbes, la natura umana è fondamentalmente egoista e guidata da passioni e desideri. Egli afferma che l'uomo è motivato principalmente dal desiderio di autoconservazione. Secondo Hobbes, ogni individuo agisce per cercare il proprio benessere e soddisfare i propri desideri, un principio che si basa su una visione materialista dell'uomo. In altre parole, l'essere umano non è dotato di un'anima immortale o di una natura spirituale separata dal corpo, ma è semplicemente un corpo materiale che si muove secondo leggi fisiche.

Hobbes sostiene che gli uomini sono mossi dal desiderio di potere e che tale desiderio non ha fine, ma cresce sempre più. In questo senso, la lotta per il potere è una caratteristica costante della condizione umana. A livello individuale, ogni persona cerca di ottenere ciò che desidera e persegue il proprio interesse in maniera esclusiva. Questa spinta all'autoaffermazione può portare a conflitti, poiché più individui si trovano a desiderare le stesse cose.

La visione di Hobbes sulla natura umana è decisamente pessimistica: senza una legge comune e senza un'autorità superiore che regoli i comportamenti, gli esseri umani sarebbero destinati a vivere in uno stato di "guerra di tutti contro tutti" (bellum omnium contra omnes). In tale stato, ogni individuo sarebbe costantemente minacciato da altri, poiché ognuno cercherebbe di sopravvivere a spese degli altri.

2. Lo stato di natura: la guerra di tutti contro tutti

Hobbes sviluppa la sua teoria politica attraverso il concetto di "stato di natura". Lo stato di natura è la condizione in cui gli esseri umani si trovano prima di stabilire una qualsiasi forma di governo. In questo stato, non esiste né una legge né un'autorità che regoli i comportamenti. Non ci sono istituzioni sociali o politiche, e quindi gli uomini agiscono seguendo i propri impulsi e desideri, senza considerare gli altri se non per ottenere ciò che vogliono.

In tale contesto, secondo Hobbes, l'uomo vive in una situazione di insicurezza permanente, in cui ogni individuo è una minaccia per gli altri. Ogni persona è portata a temere per la propria vita, la propria libertà e la propria proprietà, poiché non esiste un'autorità che garantisca la protezione. Questa situazione di continua paura e sospetto porta a un conflitto costante, che Hobbes descrive come una "guerra di tutti contro tutti". In questo scenario, non c'è posto per la cooperazione o per l'ordine, e la vita dell'individuo è caratterizzata da "solitudine, povertà, bruttezza, miseria e brevità".

Lo stato di natura, quindi, non è uno stato ideale o innocente, ma una condizione caotica in cui la libertà assoluta porta inevitabilmente alla violenza e alla morte. Per Hobbes, l'uomo non è moralmente inclinato a comportarsi bene; piuttosto, è governato da impulsi egoistici che possono facilmente sfociare in violenza e conflitto. La ragione e la moralità, in questo contesto, sono strumenti che l'individuo usa per ottenere i propri scopi, non necessariamente orientati al bene comune.

3. Il contratto sociale: dalla guerra alla pace

Per uscire dallo stato di natura e superare la guerra di tutti contro tutti, gli esseri umani devono stipulare un contratto sociale. Questo contratto è un accordo tacito tra gli individui per creare una società organizzata e stabilire una forma di governo che garantisca la pace e la sicurezza. Secondo Hobbes, gli individui, pur di evitare il caos e la morte, accettano di rinunciare a una parte della loro libertà naturale in favore di una potenza sovrana che abbia il compito di mantenere l'ordine e applicare la legge.

Il contratto sociale, però, non implica la cessione della libertà in favore di un'autorità democratica o partecipativa, come accadrà in altre teorie politiche. Invece, per Hobbes, il contratto sociale porta alla creazione di un sovrano assoluto, che possieda un potere incondizionato. La sua funzione principale è garantire la sicurezza dei cittadini, poiché senza la sicurezza, la vita sarebbe in pericolo. Gli individui non hanno il diritto di ribellarsi contro il sovrano, poiché la sua autorità è fondamentale per la pace e la stabilità della società.

Questo sovrano, che Hobbes chiama il Leviatano, deve avere il controllo assoluto su tutte le decisioni politiche, giuridiche e militari, in modo da evitare il ritorno alla guerra civile. Solo un'autorità centrale forte può proteggere l'ordine e impedire che gli individui tornino a lottare tra loro per il potere. La visione di Hobbes sull'autorità è quindi assolutista, in quanto crede che il potere del sovrano debba essere inalienabile e indivisibile.

4. Il materialismo e il determinismo di Hobbes

Oltre alla sua teoria politica, Hobbes è anche un filosofo materialista. Per lui, la realtà è composta esclusivamente da materia in movimento. La mente umana, i pensieri e le emozioni non sono qualcosa di separato o spirituale, ma sono fenomeni fisici che derivano dal movimento delle particelle nel corpo umano. In questo senso, l'uomo non è altro che una macchina complessa, e tutte le sue azioni, compreso il comportamento umano, sono determinati da leggi fisiche.

La sua visione materialista porta anche a una concezione deterministica dell'uomo: secondo Hobbes, ogni evento, compreso il pensiero umano, è causato da una catena di eventi antecedenti. Non esiste libertà nel senso tradizionale, poiché ogni comportamento è determinato da cause precedenti. Gli esseri umani non hanno un'anima immateriale o un libero arbitrio che li rende capaci di scegliere indipendentemente dalle circostanze.

5. La visione della legge e della moralità

Nella sua concezione delle leggi naturali, Hobbes sostiene che la moralità e le leggi sono prodotti delle convenzioni sociali, non di leggi morali universali e immutabili. La legge naturale, per Hobbes, è una serie di principi fondamentali che ogni individuo riconosce per proteggere la propria vita e la propria libertà. Tuttavia, tali leggi non hanno significato se non vengono applicate da un'autorità superiore. La moralità, quindi, dipende dalle regole che il sovrano impone per garantire la pace e l'ordine.

Conclusione

La filosofia di Hobbes è una riflessione radicale e materialista sulla natura dell'uomo e sulla necessità di un'autorità centrale per garantire l'ordine sociale. La sua visione pessimistica della natura umana, che considera l'uomo come intrinsecamente egoista e incline al conflitto, ha portato alla formulazione della teoria del contratto sociale, che giustifica l'istituzione di un sovrano assoluto per mantenere la pace e prevenire il caos. Il suo pensiero ha avuto una grande influenza sulla teoria politica moderna e sulla comprensione della relazione tra l'individuo e lo Stato.

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