Protagora: La Misura dell'Esistenza
La celebre affermazione di Protagora, "L'uomo è misura di tutte le cose," ha generato tre interpretazioni distinte:
1. "Uomo" come individuo singolo, dal punto di vista soggettivo;
2. "Uomo" come genere umano, la cui percezione e valutazione dipendono dalla conformazione mentale;
3. "Uomo" come rappresentante della civiltà, introducendo così il concetto di relativismo culturale.
Si ritiene che per il filosofo di Abdera, il termine "uomo" abbracci tutte le interpretazioni, poiché in ogni caso l'uomo è il criterio di giudizio della realtà e dell'irrealtà delle cose. Questo punto di vista è sia relativistico, negando un'unica realtà e leggi naturali che definiscono il bene e il male, che umanista, sottolineando il legame tra conoscenza, derivante dal contesto socio-culturale, e abitudini.

Il Potere del Linguaggio
Per Protagora, l'uomo come misura della realtà e irrealtà delle cose è incarnato dall'utile, il bene concordato per l'individuo e la comunità. Questo concetto è strettamente legato al potere della parola, che facilita il consenso, la supremazia dei gruppi più forti e la persuasione da parte di coloro con abilità logico-espressive. Per questo motivo, il filosofo di Abdera attribuiva grande importanza all'insegnamento della retorica, l'arte di esprimersi chiaramente, semplicemente e persuasivamente, considerando sia gli aspetti positivi che quelli negativi di un argomento attraverso il metodo dell'antilogia.
La Politica come "Tecnica di Tutte le Tecniche"
Secondo Protagora, il progresso della civiltà umana non sarebbe stato possibile senza le tecniche, inclusa la politica, una competenza posseduta da tutti gli uomini e perfezionabile attraverso l'educazione. Questo concetto costituiva la base della governance democratica di Atene, promossa da Pericle. La sua visione della cultura era in netto contrasto con quella dei filosofi precedenti, come Parmenide, il quale riteneva che la conoscenza dovesse essere elitaria.
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